L’esatta determinazione del periodo feriale, spiega la Cassazione, spetta all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa, in quanto presuppone «una valutazione comparativa di diverse esigenze», in primis quelle aziendali: «Il potere attribuito all’imprenditore, a norma dell’art. 2109 cod. civ. di fissare il periodo di godimento delle ferie da parte dei dipendenti implica anche quello di modificarlo pur in difetto di fatti sopravvenuti, in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali, senza che in senso contrario rilevi la prescrizione relativa alla comunicazione preventiva ai lavoratori del periodo stabilito, dalla quale tuttavia si desume, da un lato, che anche le modifiche debbono essere comunicate con preavviso e, dall’altro, che gli eventuali rilievi del lavoratore, che ritenga l’indicazione del datore di lavoro in contrasto con i propri interessi, devono intervenire senza dilazione» (Cass. nn. 7951/2020 e 1557/2001).
Conseguentemente, «al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale».
Tale principio, spiega la Suprema Corte, «risponde ad un equilibrato soddisfacimento delle posizioni soggettive contrapposte: quella del datore di lavoro di organizzare le ferie privilegiando le sue necessità. Quella dei lavoratori di essere in grado di conseguire il beneficio cui le ferie sono preordinate», ovvero «il recupero [delle] energie psicofisiche».
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