La questione è parte di un contenzioso più ampio ma si è – giustamente – ritagliata un proprio spazio, nel giudizio di legittimità, perché parte datoriale aveva, in primo grado, articolato appositi capitoli di prova, tesi a dimostrare come una ex dipendente fosse attiva nel mondo lavorativo, ma la relativa eccezione non era stata sollevata nella memoria di costituzione.
La mera deduzione di quella circostanza in un capitolo di prova non è stata ritenuta, dal Tribunale, equivalente alla rituale proposizione dell’eccezione, volta a ottenere la detrazione dell’aliunde perceptum dal risarcimento, e tale statuizione è stata condivisa dalla Corte d’Appello.
La Cassazione, invece, ha richiamato quel consolidato indirizzo di legittimità secondo cui il c.d. aliunde perceptum non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto ed è, dunque, rilevabile d’ufficio dal giudice se le relative circostanze di fatto risultano ritualmente acquisite al processo (Cass. 16.2.2021, n. 4056).
Quindi ha concluso che «l’eccezione di detrazione dell’aliunde perceptum non è subordinata alla specifica e tempestiva eccezione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino ex actis».
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