La vicenda riguardava una consulente del lavoro alla quale un cliente, imprenditore costituito in forma di s.r.l., aveva comunicato il recesso, ante tempus, dall’incarico professionale per l’amministrazione del personale.
Oltre a rifiutarsi di pagare il residuo importo dovuto, il cliente aveva sostenuto la non debenza dell’indennità sostitutiva del preavviso sostenendo che la firma in calce al contratto non fosse quella del l.r.p.t.
La CTU, in effetti, ha confermato che la firma del contratto in questione non era riconducibile al titolare di tale società.
Tuttavia la consulente del lavoro ha fatto leva sul principio dell’affidamento, facendo emergere durante l’istruttoria espletata che era stata, comunque, la società a farle pervenire, tramite il proprio commercialista, il contratto firmato, ingenerando in lei la convinzione che il negozio giuridico si fosse regolarmente concluso.
Il Tribunale di Parma ha condiviso tale prospettazione: «è da ritenere che l’apocrifa sottoscrizione (peraltro illeggibile), considerate le accertate modalità con cui il contratto apocrifamente sottoscritto è stato consegnato alla Società per la firma e successivamente reso, valga a configurare in capo al Legale Rappresentante della Società convenuta la violazione del precetto di cui all’art. 1337 c.c. e, per l’effetto, dell’art. 1335, poiché risulta evidente che il [l.r.p.t.] non poteva non essere a conoscenza del rapporto professionale che andava svolgendosi con la C.D.L, rag. (…), non foss’altro avuto riguardo alle contenute dimensioni dell’Impresa che Egli amministrava, senza dire del protrattosi scambio di corrispondenza e documenti».
Di conseguenza, il Tribunale ha concluso «che l’interruzione del rapporto professionale di cui si tratta (…) dovesse rispettare un termine di preavviso» e la relativa indennità sostitutiva è stata quantificata nell’ammontare richiesto «ai sensi dell’art. 1 I comma. D.M. 21-12-2013-N°46 dell’art. 17 D.M. n°430 del 15-07-1992».