La vicenda decisa dal Tribunale di Parma è senz’altro peculiare.
L’Inps respinto la domanda afferente le ultime tre mensilità stipendiali a causa della asserita decadenza del ricorrente dal relativo diritto, rilevando che il fallimento era stato dichiarato in data 13/03/2014 e che, pertanto, potevano essere richieste al fondo di Garanzia solo le ultime tre mensilità rientranti nei dodici mesi antecedenti tale data, ovvero 13/03/2013, mentre il lavoratore aveva richiesto le mensilità afferenti il periodo dal 01/07/2012 al 14/09/2012.
Quel fallimento era, tuttavia, stato dichiarato in continuità al concordato preventivo, la cui istanza era stata depositata (“in bianco”) in data 8.10.2012 e la procedura aperta in data 8.3.2013.
Ha, quindi, sostenuto il lavoratore, in accordo al D.Lgs. n. 80/1992, che la data di riferimento per il calcolo del periodo utile ai fini dell’intervento del Fondo di Garanzia non potesse che essere quella – 8.3.2013 – di apertura della procedura di concordato preventivo anziché quella – 13.3.2014 – di dichiarazione del fallimento.
Il Tribunale di Parma ha condiviso tale prospettazione: «L’art. 2, co. 1, n. 1) d.lgs. 80/1992 fa (…) riferimento alla “data del provvedimento che determina l’apertura di una delle procedure indicate nell’art. 1, comma 1”; a tale comma è espressamente indicata, tra l’altro, la procedura di concordato preventivo».
Ciò che, dunque, rileva al fine dell’intervento del Fondo di Garanzia risulta essere il nesso tra inadempimento datoriale e stato di insolvenza, che la pacifica giurisprudenza, di legittimità e di merito, ha individuato quale ratio degli artt. 1 – 2 del D.Lgs. n. 80/1992: «La fascia temporale protetta, rientrante nell’alveo della protezione previdenziale, è stata quindi delimitata, nell’ordinamento nazionale, valorizzando e tipizzando i momenti dai quali far decorrere a ritroso il predetto periodo annuale, distinguendo, peraltro, fra lavoratori che avessero o meno continuato a prestare attività lavorativa dopo l’apertura della procedura concorsuale (maturando quindi il diritto alla retribuzione): per i lavoratori la cui attività lavorativa sia cessata prima di detta apertura il Fondo di garanzia eroga la prestazione previdenziale, allorquando le ultime tre mensilità di retribuzione non adempiute si collochino nei dodici mesi antecedenti la data di presentazione della domanda diretta all’apertura di UNA di esse (art. 2, d.lgs. n. 80 cit., lett. a)» (Cass. 29.7.2020, n. 16249).
L’argomento è stato ripreso, ed ampliato, dalla Corte d’Appello di Bari che, facendo riferimento alla pronuncia n. 15832/2009 della Cassazione (relativa alla lett. b dell’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 80/1992), ha osservato che in quel provvedimento la Suprema Corte «si è soffermata a spiegare che lo scopo dell’apposizione del periodo di dodici mesi decorrenti a ritroso dalla data di inizio dell’esecuzione fissato dalla norma interna (art. 1, comma 2, d.lgs. 80/92) è quello “non solo di indurre l’interessato ad agire sollecitamente, così agevolando la verifica del diritto alla tutela da parte del Fondo di garanzia obbligato, ma SOPRATTUTTO AI FINI DEL NESSO TRA RETRIBUZIONI NON PAGATE ED INSOLVENZA” ha proseguito: “Il D.Lgs. invero, reca l’attuazione della direttiva 80/987/CEE sulla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, essendo diretta, peraltro, a garantire, non già il generico inadempimento da parte del datore dell’obbligazione retributiva, ma unicamente quello che deriva dalla INSOLVENZA del datore: SOLO IN QUESTO CASO si consente l’intervento dell’organismo di garanzia, che si sostituisce, nei limiti del massimale prefissato, al datore di lavoro che sia rimasto insolvente. Se tale è l’intentio legis, si comprende che È IMPRESCINDIBILE LA DETERMINAZIONE DI UN NESSO TEMPORALE TRA CREDITO LAVORATIVO INSODDISFATTO E INSOLVENZA, in mancanza del quale qualunque diritto del lavoratore nei confronti del datore di lavoro FALLITO O INSOLVENTE verrebbe inevitabilmente attratto nell’ambito della garanzia, anche se concernente un periodo antecedente in cui dell’insolvenza non vi era alcuna manifestazione. IN DEFINITIVA, LA DISPOSIZIONE CONTIENE UNA PRESUNZIONE EX LEGE, PER CUI LE RETRIBUZIONI SI CONSIDERANO NON PAGATE A CAUSA DELLO STATO DI INSOLVENZA, QUANDO L’INADEMPIMENTO SI COLLOCHI TEMPORALMENTE NEI DODICI MESI CHE PRECEDONO UNA DELLE DATE CHE LA STESSA DISPOSIZIONE CONSIDERA ESPRESSIONE DELLA ESISTENZA E DELLA IRREVERSIBILITA’ DI QUELLO STATO» (C. App. Bari 14.9.2020, n. 1103).
Insomma, è ben chiara, in giurisprudenza, l’importanza della «relazione causale e temporale tra INADEMPIMENTO datoriale ed INSOLVENZA dichiarata con procedura concorsuale», rapporto che è stato evidenziato (in motivazione) da Cass. 23.2.2021 n. 4897, sia pur nell’ambito di un trasferimento d’azienda.
In buona sostanza i giudici, di legittimità e di merito, sono pervenuti a sostenere, all’unisono, «che non devono andare a detrimento del lavoratore i tempi lunghi del procedimento concorsuale o di quello esecutivo individuale» (Cass. nn. 15832/2009 cit. e 15415/2009).
Anche la sentenza 19.10.2022 n. 3468 del Giudice del Lavoro del Tribunale di Foggia ha ribadito, sia pur nell’ambito di una vicenda non perfettamente sovrapponibile in punto di fatto, il principio, comune alle citate sentenze, secondo cui «non [può] il diritto [del lavoratore] essere pregiudicato da accadimenti che il lavoratore medesimo non può dominare».
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