Patto di prova nullo, solo tutela indennitaria per gli assunti dopo il Jobs Act (Cass. 14.7.2023 n. 20239, rel. Pagetta)

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La Cassazione ribadisce la distinzione tra vizi funzionali e vizi genetici e statuisce che, «anche nel vigore del d.lgs. n. 23 del 2015» ed «in continuità con la giurisprudenza di legittimità (…), dalla quale non vi è motivo di discostarsi», il recesso ad nutum intimato in assenza di un valido patto di prova «è un licenziamento intimato per ragioni che non sono riconducibili ad alcuna in presenza delle quali la l. n. 604 del 1966 consente al datore di lavoro la unilaterale risoluzione del rapporto».

Ad avviso della Suprema Corte, «Nel disegno del legislatore del 2015, (…), la forma di tutela comune a tutte le ipotesi di licenziamento illegittimo è costituita dalla tutela indennitaria».

Quindi, «il recesso ad nutum (…) intimato in assenza di valido patto di prova, non riconducibile ad alcuna delle specifiche ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 3 d.lgs. n. 23 del 2015 nelle quali è prevista la reintegrazione, resta assoggettato alla regola generale della tutela indennitaria».

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