La sentenza affronta, con piglio innovativo, la più generale questione delle parti necessarie del giudizio in cui un lavoratore chieda la condanna del proprio datore di lavoro al pagamento, all’ente previdenziale, dei contributi dovuti sulla propria prestazione lavorativa.
Senza entrare nel dettaglio del – comunque interessante – excursus giurisprudenziale operato dalla Corte, occorre evidenziare la «revisione delle implicazioni di ordine processuale» che il Collegio ha operato, rispetto alle conclusioni cui erano pervenute le sentenze nn. 19398/2014 e 14853/2019, in ordine alla mancata partecipazione dell’ente previdenziale al giudizio.
Ecco la soluzione adottata dalla Suprema Corte.
Il caso in cui «la parte chieda in giudizio un bene della vita la cui attribuzione non può avere luogo senza che al giudizio partecipi un terzo», nella fattispecie la contribuzione, «non dà luogo ad un’ipotesi di inammissibilità della domanda», come appunto ritenuto da Cass. nn. 19398/2014 e 14853/2019, «ma integra, viceversa, un’ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c. e ciò a prescindere da ogni considerazione riguardante le condizioni dell’azione o la fondatezza nel merito della domanda».
Il Tribunale di Parma (ord. 22.11.2021 nel giudizio 337/2021, G.d.L. dr.ssa Elena Orlandi) si è immediatamente allineato al nuovo orientamento.