La Cassazione ha ribadito che la qualificazione dell’infermità del lavoratore, come infortunio sul lavoro, anziché come malattia professionale, non preclude, in nessun caso, al giudice, in base al principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, di conoscere e decidere la questione se le assenze del lavoratore, causate dalla stessa infermità, risultino comunque imputabili a responsabilità del datore di lavoro e, come tali, non siano computabili nel periodo di comporto, di cui all’art. 2110 c.c. (cfr. Cass. n. 18711/2006).
Più in particolare, la Suprema Corte ha specificato che l’accertamento negativo effettuato dall’Inail sulla qualificazione dell’infermità del lavoratore, nell’ambito del procedimento amministrativo per il riconoscimento delle prestazioni dallo stesso erogabili, non preclude al giudice di verificare se le assenze, causate dalla stessa infermità, risultino comunque imputabili al datore di lavoro e, come tali, non siano computabili nel periodo di comporto di cui all’art. 2110 c.c. (cfr. Cass. n. 26583/2017).