L’argomento è tutt’altro che una novità, però la sentenza viene segnalata perché fotografa, in modo chiaro e puntuale, il procedimento trifasico cui la giurisprudenza si affida.
Il procedimento logico – giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato si sviluppa, infatti, in tre fasi successive, consistenti:
- Nell’accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte;
- Nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria;
- Nel raffronto tra I risultati di tali due indagini.
Di rilevante c’è la precisazione secondo cui, ai fini dell’osservanza di tale procedimento, è necessaria, pur senza rigide formalizzazioni (cfr. Cass. 27.9.2016, n. 18943), la scansione di ciascuno dei suddetti momenti di ricognizione e valutazione nel ragionamento decisorio.
In caso contrario, verrebbe a configurarsi il vizio di error in iudicando, per errata applicazione dell’art. 2103 c.c. (Cass. 22.11.2019, n. 30580; Cass. 28.4.2015, n. 8589 e Cass. 27.9.2010, n. 20272).
Dal punto di vista processuale, la Suprema Corte ha colto l’occasione per fare nuovamente presente che l’accertamento in questione, siccome giudizio di fatto riservato al giudice del merito, è insindacabile in sede di legittimità, a condizione che sia sorretto da logica ed adeguata argomentazione (Cass. 31.12.2009, n. 28284 e Cass. 30.10.2008, n. 26233).