Il demansionamento illegittimo alla prova (ancora una volta) del danno non patrimoniale (Cass. 22.10.2020 n. 23144, rel. Arienzo)

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In tema di demansionamento e dequalificazione professionale, la Cassazione ha ribadito che il danno non patrimoniale non si identifica con l’inadempimento datoriale e non si pone quale conseguenza, automatica, di ogni comportamento illegittimo; incombe, dunque, sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento, ma amche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale.

Il pregiudizio, dunque, è diverso e distinto dall’inadempimento, anche se, ammette la Corte, il primo può essere desunto attraverso la prova per presunzioni, purché gli indizi siano integrati da elementi (allegati) che in concreto e non in astratto descrivano;

  • durata del demansionamento;
  • conoscibilità all’interno ed all’esterno dell’ambiente lavorativo che abbia ingenerato, ad esempio, commenti insultanti o sfottenti;
  • frustrazione di aspettativa di progressione professionale, verificando, ad esempio, quali altri colleghi con esperienze lavorative analoghe abbiano conseguito promozioni;
  • riflessi sulle abitudini dell’interessato, nella sua vita familiare e di relazione.

Il fatto noto, dunque, non può essere l’ingiustizia sic et simpliciter, ma, quantomeno, l’ingiustizia circostanziata, esaminata, cioé, nel suo contesto particolare.

A questo proposito, la Cassazione evidenzia il rischio che un’eccessiva prudenza del giudice nell’utilizzare la prova presuntiva possa condurre a vuoti di tutela risarcitoria (Cass. 23.9.2016, n. 18717).

Il quadro giurisprudenziale di riferimento è variegato.

(A) Cass. 20.5.2020, n. 9295 ha ravvisato la necessità che le presunzioni siano ancorate a circostanze precise e puntuali (negli stessi termini si pone Cass. 18.2.2020, n. 4100 che richiama Cass. 29.1.2018, n. 2056), mentre Cass. 23.3.2020, n. 7483 è più possibilista, ritenendo che, in tema di demansionamento, sia significativo il lungo arco temporale del depauperamento professionale;

(B) Alcune pronunce ritengono che vi sia un alleggerimento del carico probatorio in tema di presunzioni con riferimento all’ipotesi dell’inattività in cui venga lasciato il lavoratore, prima adibito a mansioni che fossero espressione di una rilevante o specifica professionalità (Cass. 13.12.2019, n. 32982 e Cass. 15.10.2018, n. 25743), risultando in tale ipotesi valorizzato il vulnus alla personalità a seguito di una cesura dello sviluppo delle professionalità acquisite sino a quel momento della propria carriera lavorativa, con conseguente possibile risarcimento del danno non patrimoniale ed anche patrimoniale ove vengano dimostrati riflessi negativi in termini strettamente economici, ma ciò soltanto nei casi di inattività del lavoratore precedentemente impegnato in funzioni che ne esaltavano la professionalità;

(C) Altre decisioni di legittimità sono, più specificamente, riferite al modo in cui il ragionamento fondato su procedimento presuntivo debba risultare articolato e in che limiti lo stesso possa essere oggetto di critica in sede di legittimità (Cass. nn. 5038/2020, 2356/2020, 5484/2019, 1234/2019, 14762/2019, 30578/2019 e 23789/2019).

La sentenza che si segnala ribadisce la necessità di un valido ragionamento presuntivo, che presuppone la sicura identificazione dei fatti noti dai quali risalire, in virtù di tale percorso logico giuridico, a quello ignoto.

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