Sembra incredibile, ma la Cassazione ha dovuto ricordare ad una Corte di Appello (quella di Salerno) che il contratto collettivo di diritto comune non ha efficacia erga omnes e lo stesso, sia in base al principio di libertà sindacale (art. 29, c. 1, Cost.), sia in base ai principi del diritto comune (artt. 1321 e 1372 c.c.), non può vincolare i datori di lavoro ed i lavoratori in mancanza di un loro atto di volontà (iscrizione sindacale, adesione, recepimento) idoneo a manifestare la comune intenzione di accettare che il rapporto di lavoro tra essi intercorrente sia sottosposto alla disciplina del contratto collettivo.
Il principio è pacifico nella giurisprudenza di legittimità, la quale ha precisato che «i contratti collettivi di lavoro non dichiarati efficaci erga omnes ai sensi della L. 14 luglio 1959, n. 741, costituendo atti di natura negoziale e privatistica, si applicano esclusivamente ai rapporti individuali intercorrenti tra soggetti che siano entrambi iscritti alle associazioni stipulanti, ovvero che, in mancanza di tale condizione, abbiano fatto espressa adesione ai patti collettivi o li abbiano implicitamente recepiti attraverso un comportamento concludente, desumibile da una costante e prolungata applicazione delle relative clausole ai singoli rapporti»(Cass. n. 10632/2009. Nello stesso senso Cass. n. 11875/2003 e Cass. n. 5597/2001).
A proposito di quest’ultima ipotesi la Suprema Corte ha specificato che «non è sufficiente a concretizzare un’adesione implicita, idonea a rendere applicabile il contratto collettivo nell’intero suo contenuto, il semplice richiamo alle tabelle salariali del contratto stesso, né la circostanza che il datore di lavoro, non iscritto ad alcuna delle associazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo, abbia proceduto all’applicazione di alcune clausole di tale contratto, contestandone invece esplicitamente altre»(Cass. n. 10632/2009. Nello stesso senso Cass. n. 11875/2003 e Cass. n. 5597/2001 citt.).