La vicenda rileva perché riguarda contributi relativi al periodo 1998 – 2003, quindi afferenti ad un periodo antecedente all’entrata in vigore del c.d. “Codice delle Assicurazioni”, che ha disposto, all’art. 343 (comma 6), l’esclusione dei sub agenti assicurativi dal regime previdenziale Enasarco.
La Cassazione ha innanzitutto precisato che tale norma «non ha natura interpretativa ad effetto retroattivo, o valore innovativo solo per il futuro, in quanto è una previsione meramente ricognitiva di un’eslcusione già operante al momento della sua entrata in vigore.
Dopo di che la Corte ha ribadito il principio esposto nelle precedenti sentenze nn. 4296, 8720, 9220, 9299, 9480 e 9481 del 2016: «In tema di contributi a favore degli enti previdenziali privatizzati, cui va attribuita la natura di prestazioni patrimoniali obbligatorie, opera la riserva di legge di cui all’art. 23 Cos., sicché, in assenza di una dispolsizione legislativa che lo preveda, va escluso che i sub-agenti assicurativi siano soggetti all’obbligo di iscrizione all’Enasarco»
Ad avviso della Suprema Corte, infatti, «tale obbligo [non ] può conseguire ad una equiparazione ai sub-agenti di commercio, da cui si distinguono per il settore produttivo di appartenenza che li rende, piuttosto, assimilabili agli agenti assicurativi, la cui disciplina, ai sensi dell’art. 1753 c.c., è contenuta negli usi e negli accordi collettivi di settore e solo in mancanza nelle norme del codice civile in materia di agenti di commercio».