Nella fattispecie, il Tribunale di Bari ha ritenuto il licenziamento «illegittimo in quanto affetto da un vizio procedurale o formale, con esclusione invece della ricorrenza delle ipotesi di tutela reintegratoria ex art. 2 o ex art. 3, comma 2, decreto legislativo n. 23/2015 (per nullità, o per insussistenza dei fatti materiali posti a base del recesso) e con esclusione altresì della ricorrenza dell’ipotesi di illegittimità sostanziale di cui all’art. 3, comma 1, decreto legislativo n. 23/2015 (per difetto di giusta causa e/o di giustificato motivo soggettivo)».
Tuttavia, il Tribunale di Bari non ha proceduto alla quantificazione dell’indennità spettante a parte ricorrente ai sensi dell’art. 4 D.Lgs. n. 23/2015, ritenendo «che la disposizione non vada esente da censure di incostituzionalità e che, d’altro canto, non vi siano margini per una sua interpretazione conforme a Costituzione».
Vero è che, nelle more del giudizio, era intervenuta la sentenza n. 194 depositata l’8 novembre 2018, con la quale la Corte costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3. comma 1, decreto legislativo n. 23/2015, limitatamente alle parole «di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio» e che, con la medesima pronuncia, la Corte aveva dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 cit.
Vero è tuttavia che, rileva il Tribunale di Bari, la declaratoria di inammissibilità era scaturita dal giudizio di irrilevanza della questione, essendo l’art. 4 inapplicabile in quel giudizio a quo, sicché l’eventuale risoluzione della questione prospettata con riferimento alla citata disposizione non avrebbe avuto alcuna incidenza sul procedimento pendente dinanzi al rimettente.
Ne consegue, conclude il Tribunale di Bari, che non è preclusa la riproposizione della questione sull’art. 4 nel corso di un giudizio ove esso è sicuramente rilevante.
Ed essendo, nella fattispecie, «perfettamente sovrapponibile il criterio di calcolo dell’indennità», per il Tribunale di Bari «è inevitabile valutare l’incidenza della pronuncia n. 194/2018 anche sull’art. 4».
Infatti, «Le parole censurate dalla Consulta, contenute nell’art. 3 («di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio»), sono (…) identiche, tranne che per il numero di mensilità (due invece che una) , alla dizione dell’art. 4 («di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio»)».
il Tribunale di Bari ritiene, peraltro, «che la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 3, comma 1 non possa spiegare effetti immediati e diretti sulla norma applicabile nel presente procedimento (art. 4)», di talché «Il meccanismo previsto dall’art. 4 non può (…) restare travolto dalla declaratoria di incostituzionalità che ha interessato l’art. 3».
Tuttavia, «proprio perche’ le due disposizioni adottano lo stesso congegno, ancorato esclusivamente all’anzianita’ di servizio, i dubbi circa la legittimità dell’una non possono discostarsi da quelli già acclarati in ordine all’illegittimità dell’altra», e conducono il Tribunale di Bari «a richiedere una espressa pronuncia della Corte costituzionale».