Nella fattispecie decisa dal Tribunale di Parma, il datore di lavoro aveva sempre applicato ai propri dipendenti il Ccnl per i lavoratori dipendenti delle aziende artigiane del settore alimentare – aziende di produzione.
Alcuni lavoratori hanno, invece, giudicato “fraudolenta” tale scelta, sostenendo che andasse applicata la parte relativa alle conserve animali dello stesso contratto.
Qual era l’interesse concreto dei lavoratori?
È presto detto: per il settore conserve alimentari vige un contratto provinciale che contempla un premio di produzione più alto rispetto a quello previsto, dalla contrattazione regionale, per le aziende di produzione del settore alimentare.
Espletata l’istruttoria orale, il Tribunale di Parma ha rigettato la domanda dei ricorrenti sulla base del seguente, articolato, ragionamento.
Un primo indice interpretativo emerge, ad avviso del Tribunale, dall’art. 1 del Ccnl applicato, che distingue l’attività di “conserve animali” da quella di “macellazione e lavorazione carni”.
Un secondo indice è, dal Tribunale, ricavato dallo Statuto della “Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Animali” (SSICA) di Parma, costituita come ente pubblico con decreto reale del 2.7.1922 e trasformata in Azienda Speciale della Cciaa di Parma ai sensi dell’art. 2, comma 5, L. n. 580/1993 (come modificata dal D.Lgs. n. 23/2010).
L’art. 2 cit., comma 1, definisce la Stazione Sperimentale come «una struttura scientifica di supporto tecnico e tecnologico per le azione alimentari che producono derivati industriali di origine animale e vegetale a media e lunga conservazione», precisando poi, al comma successivo, che «per media e lunga conservazione si intendono i prodotti ai quali sono stati applicati processi di stabilizzazione di qualsiasi tipo (stabilizzazione termica, surgelazione, stagionatura e disidratazione o altro) atti a renderli commerciabili per tempi medio – lunghi».
In proposito ritiene il Tribunale di Parma che l’attività di disosso non rientri nelle attività di conservazione, così descritte nella suesposta definizione.
Ancora, argomenta il Tribunale di Parma come l’Iter argomentativo della sentenza n. 3001/1991 della Corte di Cassazione, avente ad oggetto la differente questione dei presupposti di applicabilità dell’agevolazione tributaria prevista dall’art. 8 L. n. 614/1966, faccia riferimento, altresì, alla nozione di «produzione di beni».
Per il Tribunale, ciò suggerisce come la tesi interpretativa volta a ricomprendere l’attività di macellazione e disosso delle carni, in tale genere di attività, abbia un proprio fondamento logico e normativo.
Infine, il Tribunale di Parma osserva come, in assenza di elementi di chiara e univoca riconducibilità dell’attività lavorativa svolta dai ricorrenti in un determinato settore del contratto collettivo applicato, non possa che riespandersi la libertà datoriale di scelta circa il trattamento normativo ed economico da applicare, di talché la scelta datoriale di applicare le tabelle retributive relative al settore aziende di produzione non può essere sindacata.