Il Tribunale di Milano ha rinviato alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la parte del Jobs Act che disciplina i licenziamenti collettivi, chiedendo che valuti se l’esclusione della reintegra nel posto di lavoro è compatibile con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.
Per il Tribunale di Milano, infatti, «le previsioni del diritto comunitario e del diritto internazionale del lavoro sono saldamente basate sul principio che vede nella reintegrazione la regola e nella tutela risarcitoria per equivalente la eccezione».
«il diritto dell’Unione»,è la ferma opinione del giudice milanese, «non può, inoltre, ritenersi compatibile con un sistema di tutela dei licenziamenti che, in presenza di situazioni non differenziate, determini una difformità di trattamento, dato che un duplice modello sanzionatorio confliggerebbe con il principio di parità di trattamento».
Nella fattispecie, invero, la società convenuta aveva avviato una procedura di licenziamento collettivo che ha interessato 350 lavoratori, poi licenziati. Tali licenziamenti, in seguito, sono stati dichiarati illegittimi e i lavoratori reintegrati. Tutti tranne una lavoratrice, il cui rapporto di lavoro era stato stabilizzato dopo il 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 23/2015.
Ecco la conclusione del Tribunale di Milano: «Una differenziazione del regime di tutela basata sul solo fattore “tempo”, rappresentato dalla data di assunzione in realtà costituisce un elemento oggettivamente discriminatorio indiretto».
Di qui il rinvio motivata, come anticipato, dalla prospettata violazione sia dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione contenuti nella direttiva europea 99/70, sia della tutela contro i licenziamenti illegittimi stabilita dagli artt. 20 e 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.