Rinnovabile il licenziamento disciplinare (Cass. 30.7.2019 n. 20519, rel. Garri)

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La rinnovazione del licenziamento disciplinare in base agli stessi motivi addotti a giustificazione di un precedente recesso, nullo per vizio di forma, non presuppone necessariamente la revoca del precedente licenziamento, purché siano adottate le modalità prescritte, omesse nella precedente intimazione.

Quindi (Cass. n. 20519/2019) va effettuata una nuova contestazione di addebito e, successivamente, comunicato il provvedimento di risoluzione del rapporto.

Tale rinnovazione, sottolinea la Corte di Cassazione, si risolve nel compimento di un negozio diverso dal precedente ed esula dallo schema dell’art. 1423 cod. civ., norma diretta ad impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetti “ex tunc” e non a comprimere la libertà delle parti di reiterare la manifestazione della propria autonomia negoziale.

Il datore di lavoro, dunque, ben può rinnovare il licenziamento – con una nuova contestazione di addebito ed un rinnovato provvedimento di risoluzione del rapporto – senza dover necessariamente revocare il precedente, per tuziorismo ed a garanzia del perseguimento della finalità propostasi (di risolvere in ogni caso il rapporto seppur con la decorrenza successiva) per il caso in cui il primo licenziamento venga dichiarato nullo.

La rinnovazione del licenziamento disciplinare in base agli stessi motivi addotti a giustificazione di un precedente recesso nullo per vizio di forma, dunque, non presuppone necessariamente la revoca del precedente licenziamento, purché siano adottate le modalità prescritte, omesse nella precedente intimazione (Cass, n. 6773, 06/11/ 2006 n. 23641, 07/04/2001 n. 5226, 24/12/1997 n. 13042 e 16/04/1994 n . 3633).

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