La prova del demansionamento non è sovrapponibile alla prova del danno patrimoniale (Cass. 25.2.2019 n. 5431, rel. Ponterio)

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La Cassazione ritorna sul demansionamento per precisare che dall’inadempimento datoriale non deriva automaticamente l’esistenza del danno (cfr. anche Cass. 25743 del 2018; n. 1327 del 2015; n. 19785 del 2010).

Pertanto, ha ribadito la distinzione tra “inadempimento” e “danno risarcibile” secondo gli ordinari principi civilistici di cui agli artt. 1218 e 1223 c.c., quindi tra il momento della violazione degli obblighi di cui agli artt. 2087 e 2103 c.c. e quello della produzione del pregiudizio, nei differenti aspetti che lo stesso può assumere.

Ciò in ragione del fatto che dall’inadempimento datoriale possono derivare, astrattamente, una pluralità di conseguenze lesive per il lavoratore (danno professionale in senso patrimoniale, danno biologico, danno all’immagine o alla vita di relazione, sintetizzati nella locuzione danno cd. esistenziale), che possono anche coesistere l’una con l’altra, con conseguente necessità di specifica allegazione e prova da parte di chi assume di essere stato danneggiato.

Secondo la Suprema Corte la prova del danno da demansionamento e dequalificazione professionale può essere data dal lavoratore anche ai sensi dell’art. 2729 c.c., attraverso l’allegazione di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti.

A tal fine possono essere valutati la qualità e quantità dell’attività lavorativa, la durata, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione (Cass. n. 25743 del 2018; n. 19778 del 2014; n. 4652 del 2009; n. 29832 del 2008).

Invero, con particolare riferimento al danno professionale di natura patrimoniale, le Sezioni Unite hanno precisato (sent. n. 6572 del 2006) come lo stesso possa consistere sia nel pregiudizio derivante dall’impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, ovvero nel pregiudizio subito per perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità di guadagno.

Ma questo pregiudizio non può essere riconosciuto, in concreto, se non in presenza di adeguata allegazione, ad esempio deducendo l’esercizio di una attività (di qualunque tipo) soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all’esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo.

Nella stessa logica anche della perdita di chance, ovvero delle ulteriori potenzialità occupazionali o di ulteriori possibilità di guadagno, va data prova in concreto, indicando, nella specifica fattispecie, quali aspettative, che sarebbero state conseguibili in caso siano state frustrate dal regolare svolgimento del rapporto, di demansionamento o dalla forzata inattività.

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