Indennità sostitutiva delle ferie non godute anche ai dipendenti pubblici che non abbiano potuto goderne per ragioni indipendenti dalla loro volontà (Corte UE 18.1.2024 in C-218/22)

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La vicenda riguarda la mancata erogazione, da parte di un comune Italiano, dell’indennità sostituitiva delle ferie non godute ad un dipendente che si era dimesso al fine di accedere al collocamento in pensione anticipata.

La vicenda giudiziaria si sviluppa nel contesto di una norma (l’art. 5 del D.L. 6.7.2012 n. 95, conv. in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 7.8.2012 n. 135) secondo cui ferie, riposi e permessi spettanti al personale dipendenta dalla pubblica amministrazione «sono obbligatoriamente fruiti» e, conseguentemente, «non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi», incluse le ipotesi di «cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età».

Tale norma era stata dichiarata, dalla Corte Costituzionale, «conforme ai principi sanciti dalla Costituzione italiana, senza violare quelli del diritto dell’Unione e neppure le norme di diritto internazionale» (sentenza n. 95/2016).

Secondo la Corte Costituzionale, il divieto di versare un’indennità finanziaria risulterebbe viceversa escluso qualora le ferie non siano state godute per ragioni indipendenti dalla volontà del lavoratore, come la malattia, ma non in caso di dimissioni volontarie.

Dopo aver ritenuto la questione “ricevibile”, la Corte di Giustizia, entrando nel merito della questione, ricorda in via preliminare «che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione europea, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88».

Dall’art. 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 «risulta che spetta agli Stati membri definire, nella loro normativa interna, le condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, precisando le circostanze concrete in cui i lavoratori possono avvalersene».

«Tuttavia», prosegue la sentenza, «questi ultimi devono astenersi dal subordinare a qualsivoglia condizione la costituzione stessa di tale diritto, il quale scaturisce direttamente dalla suddetta direttiva».

Dopo di che, l’art. 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 cit. prevede che, in caso di fine del rapporto di lavoro, il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti.

Tale norma, osserva la Corte, «non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data in cui detto rapporto è cessato» e «tale diritto è conferito direttamente dalla suddetta direttiva e non può dipendere da condizioni diverse da quelle che vi sono esplicitamente previste».

Conformemente, quindi, alla norma citata «un lavoratore, che non sia stato in condizione di usufruire di tutte le ferie annuali retribuite prima della cessazione del suo rapporto di lavoro, ha diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute».

Ecco il punto nodale della pronuncia: «A tal fine è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato. Pertanto, la circostanza che un lavoratore ponga fine, di sua iniziativa, al proprio rapporto di lavoro, non ha nessuna incidenza sul suo diritto a percepire, se del caso, un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha potuto usufruire prima della cessazione del rapporto di lavoro».

La Corte opera però un distinguo: «Tale disposizione osta a disposizioni o pratiche nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia versata alcuna indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che non sia stato in condizione di fruire di tutte le ferie annuali cui aveva diritto prima della cessazione di tale rapporto di lavoro, in particolare perché era in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto».

Morale, «l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente accordato da tale direttiva, che comprenda finanche la perdita del diritto in questione allo scadere del periodo di riferimento o di un periodo di riporto, purché, tuttavia, il lavoratore che ha perso il diritto alle ferie annuali retribuite abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto che tale direttiva gli conferisce».

Con riferimento al caso di specie – dimissioni volontarie per accedere al pensionamento anticipato – la Corte rileva che il lavoratore «avrebbe potuto prevedere in anticipo» tale «circostanza».

Ecco, «Se, invece, il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle stesse, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non osta alla perdita di tale diritto né, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla correlata mancanza di un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute, senza che il datore di lavoro sia tenuto a imporre a detto lavoratore di esercitare effettivamente il suddetto diritto».

SU CHI COMPETE L’ONERE DELLA PROVA?

SUL DATORE DI LAVORO: «il datore di lavoro è segnatamente tenuto, in considerazione del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite e al fine di assicurare l’effetto utile dell’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo, e nel contempo informandolo, in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte a contribuire, del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato, o non potranno più essere sostituite da un’indennità finanziaria».

È, dunque, il «il datore di lavoro» a dover «dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto» ed è questa verifica che la Corte ha affidato al giudice del rinvio, fermo restando che «dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il divieto di versare un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite non goduti si riferisce a quelli maturati durante l’ultimo anno di impiego in corso».

La conclusione della Corte di Giustizia è, forse, in contraddizione con le premesse, quanto all’onere della prova: «L’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà».

IL RIASSUNTO, LA CITAZIONE O LA RIPRODUZIONE SONO CONSENTITI SE ACCOMPAGNATI DALLA MENZIONE DEL SITO LABLAWYERS.CLOUD

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