In materia di atti abdicativi di diritti del lavoratore subordinato, le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l’assistenza prestata dai rappresentanti sindacali sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura (Cass. 4.9.2018, n. 21617 e Cass. 23.10.2013, n. 24024).
Nella fattispecie, il lavoratore ha impugnato l’accordo sindacale lamentando di non aver ricevuto una tutela effettiva da parte del rappresentante sindacale, che era sì presente al momento della firma, ma che non aveva avuto modo né di conoscere personalmente prima, né di discutere con lo stesso il contenuto dell’accordo.
Nonostante tale contesto, la Cassazione ha rigettato il ricorso.
La Suprema Corte, premessa l’essenzialità dell’assistenza effettiva dell’esponente sindacale, idonea a sottrarre il lavoratore a quella condizione di inferiorità che, secondo la mens legis, potrebbe indurlo altrimenti ad accordi svantaggiosi, ritiene sufficiente alla realizzazione di tale scopo l’idoneità dello stesso rappresentante sindacale a prestare in sede conciliativa l’assistenza prevista dalla legge.
E l’adeguatezza dell’assistenza sindacale del lavoratore in sede conciliativa emerge dalla sua sottoscrizione dell’accordo alla presenza del sindacalista delegato, senza alcuna eccezione e dell’accettazione finale dello stesso.
La compresenza del sindacalista e dello stesso lavoratore al momento della conciliazione lascia, infatti, presumere l’adeguata assistenza del primo, chiamato a detto fine a prestare opera di conciliatore per il conferimento di un mandato implicito del lavoratore necessariamente sottostante all’attività svolta dal primo (nello stesso senso Cass. 3.9.2003, n. 12858).