La Corte è stata chiamata a determinare in quali circostanze può essere considerato “orario di lavoro” il periodo di “reperibilità”.
Ciò con riferimento a due vicende peculiari:
- la Causa C-344/19 riguardava la reperibilità richiesta ad un tecnico incaricato di assicurare il funzionamento di centri di trasmissione televisiva situati in zone montane: l’interessato era tenuto ad assicurare sei ore al giorno di reperibilità durante le quali doveva essere raggiungibile per telefono e, se necessario, ritornare sul suo luogo di lavoro entro un’ora;
- la Causa C-580/19 riguardava la reperibilità di un pompiere, il quale doveva essere in grado di raggiungere i confini della città entro venti minuti da una eventuale chiamata.
La Corte, dopo un’attenta disamina del contesto normativo, è giunta alle seguenti conclusioni: «un servizio di pronto intervento in regime di reperibilità costituisce, nella sua integralità, “orario di lavoro”, ai sensi del’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, soltanto se da una valutazione globale del complesso delle circostanze della fattispecie, in particolare delle conseguenze di un tale termine e, eventualmente, della frequenza media di intervento nel corso del servizio in parola, risulta che i vincoli imposti a detto lavoratore durante il servizio in discussione sono tali da incidere in modo oggettivo e molto significativo sulla facoltà per quest’ultimo di gestire liberamente, nel corso del medesimo servizio, il tempo durante il quale i suoi servizi professionali non sono richiesti e di dedicare detto tempo ai suoi interessi».