Il rito antidiscriminatorio prevale sul rito ordinario del lavoro (Trib. Parma ord. 21.1.2021, G.d.L. Zampieri)

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Importantissima e dotta ordinanza del Tribunale di Parma, il cui risvolto pratico consiste nell’affermare la competenza, in ogni caso, del «Tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio».

Eccepita, dalle convenute, l’erronea scelta del rito, il Tribunale di Parma non si è certo “scansato”, come si usa dire, ed ha effettuato una «valutazione della percorribilità del rito sommario per le controversie assoggettate, come quella in esame, ad un rito speciale già caratterizzato da peculiare celerità rispetto al rito ordinario di cognizione, potendo invero in astratto la controversia essere decisa, ove meramente documentale, sin dalla prima udienza di comparizione delle parti».

il Tribunale di Parma ha, innanzitutto, ritenuto di dover disattendere l’impostazione interpretativa secondo cui «dovrebbe escludersi la percorribilità del procedimento sommario nell’ipotesi di giudizi assoggettati dalla legge a riti speciali da ricorso poiché: a) tali riti speciali sono connotati da peculiarità tali, quanto ai poteri officiosi attribuiti al giudice ed alle caratteristiche della fase decisoria, che sarebbe in concreto inutile applicare, in omaggio al generale principio della ragionevole durata del processo, ai medesimi la “destrutturazione” propria del rito sommario; b) osta ad una differente soluzione la stessa formulazione letterale dell’art. 702-ter c.p.c. nella parte in cui prevede, a seguito del mutamento del rito da parte del giudice, laddove non sia possibile provvedere mediante un’istruttoria sommaria, quale unica alternativa quella del procedimento ordinario di cognizione, dovendosi rinviare all’udienza di trattazione di cui all’art. 183 c.p.c.».

Quanto all’argomentazione letterale, il Tribunale di Parma ha ritenuto che «il richiamo operato dall’art. 702-ter c.p.c. all’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., non appare decisivo per la conclusione nel senso dell’inutilizzabilità del procedimento sommario per i giudizi assoggettati a rito speciale da ricorso potendo il relativo riferimento essere inteso anche all’udienza di discussione di cui all’art. 420 c.p.c., avendo riguardo, sul piano sistematico, alle conseguenze paradossali correlate alla conclusione della non percorribilità di un rito di cognizione con finalità acceleratorie proprio nelle controversie come quelle assoggettate al rito del lavoro nelle quali siffatte esigenze sono particolarmente rilevanti».

Sotto il distinto profilo riguardante l’asserita inutilità del procedimento sommario di cognizione per le controversie assoggettate a riti speciali e, quindi, già connotate da particolare celerità, il Tribunale di Parma ha evidenziato come «anche tale argomentazione non sia risolutiva della questione in esame poiché non tiene conto delle peculiarità dei singoli riti speciali, pur parimenti celeri in astratto rispetto a quello ordinario di cognizione, in ordine agli strumenti di tutela in favore delle parti ed ai conseguenti poteri decisori del giudice».

Ad avviso del Tribunale di Parma, viceversa, «la questione relativa al rapporto tra i due riti debba essere risolto alla stregua del principio di specialità, in forza del quale il rito antidiscriminatorio, in quanto rito specifico, non può che prevalere sul rito ordinario del lavoro e che, quindi, l’attivazione del rito antidiscriminatorio risulta, in tali casi, non solo possibile, ma, anzi, doveroso (in senso conforme Cass. Civ. – Sez. Lav. – ordinanza n. 3936 del 14 febbraio 2017)».

Conseguenza immediata e diretta di tale puntuale esegesi è che «non possono residuare spazi per l’applicazione del rito del lavoro, limitatamente agli aspetti espressamente disciplinati dagli artt. 702 bis e seguenti c.p.c., e, dunque, in primis, dell’art. 413 c.p.c., con la conseguenza per cui la competenza territoriale, nelle controversie in materia di discriminazione, appartiene al “tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio”».

Non è mancata una interessante puntualizzazione sul contenuto del rito.

In proposito, il Tribunale di Parma ha dichiarato di aderire «ad autorevole opinione dottrinale secondo la quale, di fronte alla eventuale lacuna della disciplina, nel fare riferimento (dal punto di vista processuale) ai casi simili o analoghi ai sensi dell’art. 12 preleggi, si deve certamente tenere presente la natura della controversia – le disposizioni relative al rito del lavoro siano, per contro, applicabili al fine di integrare la disciplina, laddove scarna e lacunosa, prevista per il procedimento speciale di cognizione, disposizioni quali, ad esempio, quelle di cui agli articoli 420, comma I, 420 bis, 421 o 423 c.p.c.».

Morale, in chiusura di provvedimento il Tribunale di Parma ha ravvisato l’opportunità di tentare la conciliazione della lite ed ha formulato una proposta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 420 c.p.c.

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