Il Tribunale di Parma, nell’accogliere un ricorso proposto secondo il rito c.d. “Fornero”, riconoscendo la tutela reintegratoria piena, ha tuttavia respinto la domanda di corresponsione dell’indennità sostitutiva della reintegra formulata dalla ricorrente nel ricorso: «Secondo un orientamento della Corte di Cassazione che qui si condivide, il diritto di opzione per l’indennità sostitutiva della reintegra sorge solo con la sentenza dichiarativa dell’illegittimità del licenziamento e permane fino alla scadenza del termine di decadenza previsto dall’art. 18, terzo comma, Statuto dei lavoratori (Cass. civ., 29.01.2018, 29.01.2018, n. 2139). Tale diritto non può quindi essere esercitato prima della pronuncia giudiziale che accerti la sussistenza del diritto alla reintegrazione».
Gli effetti pratici della pronuncia in esame sono molteplici e significativi, ad esempio, allorché si ragioni sul riparto di attribuzioni tra giudice del lavoro e collegio arbitrale nelle controversie tra cooperative e socio lavoratore, oppure tra giudice del lavoro e giudice fallimentare.
A quest’ultimo proposito va, tuttavia, registrato l’opposto orientamento espresso dal Tribunale di Reggio Emilia (ord. 26.3.2018 nel giudizio R.G.L. n. 782/2017), secondo cui, quando il lavoratore ha dichiarato di esercitare l’opzione all’indennità sostitutiva, la successiva controversia volta a far dichiarare l’illegittimità del licenziamento ed il conseguente diritto alla reintegrazione sul posto di lavoro è suscettibile di incidere escusivamente sul patrimonio della convenuta (assoggettata a procedura concorsuale) ed il ricorso, proposto ai sensi dell’art. 1, commi 48 e ss., L. n. 92/2012, è stato dichiarato «inammissibile».