Mansioni superiori nel pubblico impiego: non basta la semplice attitudine o competenza (Cass. 13.11.2019 n. 29421, rel. Bellé)

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La Cassazione, muovendo dal disposto dell’art. 52, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001, afferma che il diritto alla percezione degli emolumenti relativi allo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento possa aversi «solo allorquando vi sia “effettiva prestazione”».

La norma citata, invero, riguarda i casi di valida assegnazione, ma per la Corte «è intrinseco alla fattispecie il fatto che analoga regola valga anche per la assegnazione (nulla) a mansioni superiori ai sensi del successivo com ma 5 del medesimo art. 52».

La conclusione della Suprema Corte è, dunque, nel senso di ritenere che «La mera attitudine o competenza astratta a svolgere tutte le fasi del processo di assegnazione» non sia «idoena al riconoscimento del diritto rivendicato» nel caso in cui «se ne si siano, di fatto, svolte solo alcune».

Pertanto è stata cassata una sentenza della Corte d’Appello di Roma secondo cui, pur non essendovi stata assunzione della «responsabilità finale dell’intero processo», le mansioni svolte «denotano l’attitudine all’assunzione “della necessaria responsabilità”».

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