Le tabelle (nella fattispecie quelle del Tribunale di Milano) di liquidazione del danno non patrimoniale si sostanziano in regole integratrici del concetto di equità, atte quindi a circoscrivere la discrezionalità dell’organo giudicante, sicché – è il pensiero della Corte – esse costituiscono un criterio guida e non una normativa di diritto.
Conseguentemente, il discostarsi dai limiti massimi di incremento percentuale previsti dalle tabelle non costituisce, ad avviso della Suprema Corte, intrinseca espressione della errata determinazione dell’importo liquidato laddove questo sia ancorato all’accertamento in ordine alla eccezionalità delle conseguenze connesse all’infortunio patito dal lavoratore sul piano esistenziale e, quindi, trovi il suo fondamento nella esigenza di ristoro integrale del pregiudizio subito, sua pure attraverso il criterio equitativo (nello stesso senso v. Cass. n. 1553/2019).