La Corte di Cassazione ha assicurato continuità all’orientamento inaugurato dalla precedente sentenza 31.10.2018 n. 27950, ove era stato affermato il principio secondo cui la prescrizione dei contributi previdenziali dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla successiva data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto tale dichiarazione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivbo.
In particolare, il dies a quo della prescrizione contributiva si individua nel momento in cui scadono i termini di pagamento della contribuzione che, a norma dell’art. 18, comma 4, D.Lgs. n. 241/1997, coincidono con i termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi, senza che dalla mancata iscrizione del contribuente alla gestione separata possa derivare alcun impedimento giuridico all’esercizio del diritto dell’ente previdenziale.
A tale proposito, fra le due scadenze successive ed alternative previste per il versamento del saldo dei contributi, a scelta del contribuente, occorre avere riguardo, ai fini del decorso della prescrizione, al primo termine di versamento.
Infatti, come ha correttamente osservato la Suprema Corte nell’ordinanza n. 12779/2019, la seconda data offerta dal legislatore non costituisce un termine alternativo di adempimento dell’obbligazione contributiva ma una facilitazione onerosa di pagamento di un debito già maturo e scaduto, tant’è che all’obbligazione si aggiunge l’obbligazione accessoria del pagamento degi interessi accessori.
Risulta, dunque, definitivamente superato il principio enunciato dalla Cassazione con ordinanza n. 7836/2016, ove si era invece ritenuto che nel caso di mancata iscrizione del contribuente alla gestione separata il decorso della prescrizione fosse segnato, ai sensi dell’art. 2935 c.c., dal momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.
Piuttosto, la Cassazione ha lanciato un salvagente all’Inps, affermando che alla dichiarazione dei redditi può, viceversa, riconoscersi effetto interruttivo della prescrizione «ma soltanto se ed in quanto dalla stessa risulti il riconoscimento del debito contributivo, con la compilazione dell’apposito quadro».
Nella diversa ipotesi di omessa compilazione del quadro RR, c’è comunque l’aiutino per l’Inps: «nella diversa ipotesi di omessa esposizione all’interno della dichiarazione dei redditi degli obblighi contributivi relativi alla gestione separata dell’Inps e connessi al lavoro autonomo (cd. quadro RR del modello di dichiarazione dei redditi) la incompletezza della dichiarazione può rilevare, invece, non sotto il profilo della interruzione della prescrizione ma come ipotesi di sospensione della prescrizione per occultamento doloso del debito, secondo una valutazione riservata al Giudice del rinvio, pur in assenza di allegazione nei gradi di merito da parte dell’ente previdenziale, in quanto la eccesione di sospensione della prescrizione costituisce eccezione in senso lato rilevabile d’ufficio» (in termini Cass. sent. n. 2795/2018 e ord. n. 6677/2019).