Suona il de profundis per la conciliazione in sede sindacale? (Trib. Roma, 8.5.2019 n. 4354, G.d.L. Cacace)

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Il Tribunale di Roma, nel dirimere una vicenda non insolita (accordo di 500,00 Euro per assumere, con il Jobs Act ed in regime di stabilità obbligatoria, colei che aveva operato più di dodici anni quale co.co.co., lavoratrice puntualmente licenziata un mese più tardi), ha puntualizzato i criteri – formali e sostanziali – cui è subordinata la validità della conciliazione in sede sindacale.

Dal punto di vista formale, la presa di posizione del Tribunale è piuttosto decisa.

Ad avviso di quel Giudice del Lavoro, l’art. 412 ter c.p.c. (richiamato dall’u.c. dell’art. 2113 c.c.) attribuisce valenza di conciliazione in sede sindacale soltanto a quella che avvenga con le modalità procedurali previste dai contratti collettivi, e, in particolare, da quelli sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.

La negoziazione collettiva, infatti, va intesa come punto di ponderata convergenza e composizione dei contrapposti interessi delle parti.

Quindi, è il pensiero del Tribunale, il Ccnl di categoria applicabile deve contenere una disposizione collettiva che regolamenti la procedura di conciliazione sindacale, altrimenti l’accordo è invalido.

Dal punto di vista sostanziale, invece, niente di nuovo sotto il sole.

il Tribunale ha ribadito che il lavoratore deve ricevere una reale assistenza, per essere messo nella condizione di scegliere in modo consapevole.

Invece, nella fattispecie il sindacalista si era limitato a presenziare, a dare lettura del verbale (o addirittura a dare il tempo di leggerlo ai diretti interessati) e a spiegare che con la firma non sarebbe più stato possibile svolgere successive contestazioni.

Ad avviso del Tribunale, il sindacalista avrebbe, viceversa, dovuto conoscere la concreta vicenda della lavoratrice; informarsi della sua specifica situazione; illustrare la portata della decisione di aderire alla conciliazione sul piano dei costi/benefici, rappresentando, ad esempio, che la rinuncia irrevocabile alle rivendicazioni economiche legate ad una attività svolta dal 2003 fino al 2015 avveniva a fronte del pagamento della somma di 500,00 Euro e della prosecuzione del rapporto di lavoro con un contratto sì a tempo indeterminato, ma privo di ogni stabilità. Inoltre il contratto era assoggettato alla nuova disciplina del Jobs Act.

Insomma, un forte richiamo alla profusione di uno sforzo maggiore da parte dei sindacalisti, in modo da garantire l’equilibrio tra le parti.

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