La giurisprudenza costante e consolidata di legittimità ha affermato (Cass. n. 12 del 1977; Cass. n. 3942 del 1979; Cass. n. 6857 del 1982) che il recesso per giusta causa ex articolo 2119 c.c., si applica anche ai contratti di agenzia.
Quanto alla nozione di giusta causa, la Cassazione (in termini Cass. n. 5072 del 1977) ha precisato che costituisce giusta causa di recesso del contratto di agenzia qualunque fatto che sia tale da incidere sul rapporto di fiducia proprio del contratto di agenzia e tale da arrecare comunque danno, diretto o indiretto, agli interessi delle parti.
Nella fattispecie, la Cassazione ha osservato come la previsione dell’obbligo di comportarsi secondo lealtà e buona fede (espressamente contemplato nella direttiva CEE 653/86), che costituisce la prima statuizione dell’articolo 1749 c.c., abbia assunto un significato più profondo in relazione alla legislazione di fonte comunitaria – rispetto al generale obbligo di cui agli articoli 1175 e 1337 c.c. – perché consente al giudice di avere a disposizione un duttile strumento di valutazione del comportamento dei contraenti nella specifica tipologia contrattuale.
Ad avviso della Suprema Corte l’obbligo ex lege, quindi, non solo integra la prestazione principale ma si articola, oltre che in obblighi strumentali accessori e funzionali alla soddisfazione dell’interesse del creditore, anche in obblighi autonomi e reciproci rivolti a proteggere la sfera giuridica della controparte.
Pertanto, nella valutazione della giusta causa di recesso, l’accertamento del giudice non può essere limitato alla verifica delle violazioni delle norme contrattuali regolanti il solo rapporto agenziale ma, in virtù dell’obbligo sancito dall’articolo 1749 c.c., deve considerare ogni invasione comunque lesiva, che viola i principi di lealtà e di buona fede, degli interessi delle parti.
In questa ottica, pertanto, assumono rilievo, ad avviso della Cassazione, non solo i comportamenti che si riflettono in modo diretto ed immediato sul sinallagma del contratto di agenzia, ma anche quelli i cui effetti si concretizzano in maniera mediata ed indiretta sui rapporti tra le parti, purché idonei ad incidere sul rapporto fiduciario, particolarmente pregnante per tale forma di contratto, recando pregiudizio alle situazioni giuridiche soggettive dei contraenti (il principio è stato ribadito, in seguito, da Cass. 12.11.2019 n. 29290, rel. Patti).