La Cassazione ha ricordato che il potere di infliggere sanzioni disciplinari, e di proporzionare la gravità dell’illecito accertato, rientra nel potere di organizzazione dell’impresa.
In quanto tale, costituisce esercizio della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. ed è, pertanto, riservato in via esclusiva al titolare di esso.
Conseguentemente, è precluso al giudice, chiamato a decidere circa la legittimità di una sanzione irrogata, esercitarlo anche solo procedendo ad una rideterminazione della stessa, riducendone la misura (nello stesso senso Cass. n. 15932/2004; Cass. n. 7462/2002; Cass. n. 14841/2000).
Il principio generale conosce due eccezioni:
- Se l’imprenditore ha superato il massimo edittale, il giudice può, anche d’ufficio, ricondurre la sanzione a tale limite;
- Se è lo stesso datore di lavoro, convenuto in giudizio, a chiedere la riduzione della sanzione, è consentito al giudice applicare una sanzione minore.
Risulta, invece, estraneo ai poteri del giudice la scelta di una diversa misura disciplinare da adottare.
In conclusione, non è possibile chiedere al giudice di procedere ad una diversa e congrua sanzione, perché, così facendo, verrebbe sollecitato l’esercizio di quel potere disciplinare il cui esercizio gli è precluso.