La Cassazione è tornata sul tema che riguarda la tempestività, o meno, delle giustificazioni.
Nella fattispecie, le giustificazioni del lavoratore erano state inviate, per raccomandata, prima della scadenza del termine di cinque giorni, e, comunque, erano pervenute al datore di lavoro prima della definizione del procedimento disciplinare.
Ciò nonostante, il datore di lavoro ha ritenuto tardive le giustificazioni ed ha irrogato il licenziamento per giusta causa.
Ad avviso della Cassazione, quando si verte in tema di decadenza l’effetto impeditivo di essa (Cass., Sez. Un., 14.4.2010 n. 8830 e Cass., 24.3.2011 n. 6757) va collegato al compimento, da parte del soggetto onerato, unicamente dell’attività necessaria ad avviare il procedimento di comunicazione, demandato ad un servizio sottratto alla sua ingerenza (Cass., 16.7.2018 n. 18823).
La Corte ha, altresì, aggiunto che il rispetto del diritto al contraddittorio è ancor più dovuto quando «competente ad irrogare la sanzione è (non già – come avviene nel processo giurisdizionale – il giudice per tradizione e per legge super partes, ma) una pars»(cfr. Corte Cost., 29.11.1982 n. 204).
Ciò premesso, la Suprema Corte ha affermato che la compressione, ingiustificata, del diritto del lavoratore di opporre difese all’atto di incolpazione formulato da parte datoriale, si traduce nella soppressione di uno degli atti di cui la conseguenza procedimentale si compone, e nella conseguente illegittimità dell’atto cui è preordinata la procedura disciplinare.
Tali effetti, secondo la Corte, sono sovrapponibili a quelli ravvisati dalla costante giurisprudenza di legittimità nella ipotesi di violazione del diritto del lavoratore di essere sentito a difesa (Cass., 10.3.2010 n. 5864; Cass., 10.7.2015 n. 14437; Cass., 9.1.2017 n. 204).
Illegittimità che è stata, dalla Corte, configurata anche nel caso di sanzione, irrogata, ignorando la richiesta di audizione presentata oltre il termine di cinque giorni, ma prima dell’adozione del provvedimento disciplinare (Cass., 12.11.2015 n. 23140).